venerdì 31 ottobre 2014

Recensione di "Divergent", dalla carta alla pellicola

Il post della serie "Dalla carta alla pellicola" di oggi è dedicato a un romanzo distopico, che ha ottenuto un notevole successo in America e che qui in Italia è stato accolto bene, ma con riserva. Si tratta di "Divergent", primo volume di una trilogia, opera d'esordio della giovanissima Veronica Roth, pubblicato nel 2011 e divenuto film nel marzo 2014. Se vi interessa saperne di più, seguite la recensione.

Trama: Dopo la firma della Grande Pace, Chicago è suddivisa in cinque fazioni consacrate ognuna a un valore: la sapienza per gli Eruditi, il coraggio per gli Intrepidi, l'amicizia per i Pacifici, l'altruismo per gli Abneganti e l'onestà per i Candidi. Beatrice deve scegliere a quale unirsi, con il rischio di rinunciare alla propria famiglia. Prendere una decisione non è facile e il test che dovrebbe indirizzarla verso l'unica strada a lei adatta, escludendo tutte le altre, si rivela inconcludente: in lei non c'è un solo tratto dominante ma addirittura tre! Beatrice è una Divergente, e il suo segreto - se reso pubblico - le costerebbe la vita. Non sopportando più le rigide regole degli Abneganti, la ragazza sceglie gli Intrepidi: l'addestramento però si rivela duro e violento, e i posti disponibili per entrare davvero a far parte della nuova fazione bastano solo per la metà dei candidati. Come se non bastasse, Quattro, il suo tenebroso e protettivo istruttore, inizia ad avere dei sospetti sulla sua Divergenza... 


La mia recensione:

Consigliatomi da mia cugina, acquistato in ebook, ma tenuto in sospeso per un bel po' a causa delle voci che lo volevano una copia di Hunger Games, Divergent si è rivelato un bellissimo romanzo, ricco di sentimenti e adrenalina.
Nella Chicago di un futuro non definito, dove la società è divisa in fazioni, Beatrice Prior ci racconta in prima persona la sua storia.
Tutto inizia il giorno in cui tutti i sedicenni della città, Beatrice compresa, devono sottoporsi a una sorta di test psicologico che dovrebbe aiutarli a decidere a quale fazione apparterranno per il resto della loro vita. L'esito del test è segreto e, soprattutto, non vincolante. I ragazzi, dunque, possono scegliere liberamente dove andare, ma una volta fatta la loro scelta non potranno più tornare indietro.
Beatrice ha paura di sottoporsi al test, non sa quale fazione sia più adatta a lei, sa soltanto che quella in cui è nata non fa al caso suo. Non si sente altruista e generosa come gli Abneganti, onesta come i Candidi, né gentile come i Pacifici o desiderosa di conoscenza come gli Eruditi. Però vorrebbe tanto essere coraggiosa come gli Intrepidi, i soldati della città che vivono ogni giorno come se non ci fosse un domani. In fondo al suo cuore, vorrebbe unirsi a loro, ma il pensiero di tradire la propria famiglia la trattiene.



Il giorno del test, Beatrice viene a conoscenza di una terribile verità: è una Divergente, cioè una persona che non può essere classificata in una singola categoria e, perciò, è molto pericolosa per la società. Se non rientra in una fazione non può essere controllata. 
La donna che esegue il test decide di salvarla, falsificando i risultati, e le dice di non rivelare quel segreto mai a nessuno, nemmeno alla famiglia. Beatrice, spaventata di finire tra gli Esclusi, quelli che non appartengono a nessun gruppo, torna a casa in silenzio, ancora indecisa sul da farsi.
Arriva il giorno della scelta e Beatrice decide di essere coraggiosa: abbandona gli Abneganti e sceglie gli Intrepidi.
Momenti difficili l'attendono da questo momento; Beatrice, che da ora in poi si farà chiamare Tris, dovrà affrontare un duro addestramento militare, la lontananza dalla famiglia, la violenza e l'invidia di alcuni compagni rivali. Ma soprattutto, dovrà fare in modo che nessuno scopra la sua divergenza, che col progredire dell'addestramento è sempre più evidente ai suoi superiori.

Lasciamo lo svolgersi della vicenda, che è davvero appassionante e carico di emozioni, e passiamo ad analizzare personaggi principali.


Shailene Woodley è
Beatrice Prior
Beatrice/Tris è descritta nel libro come una ragazza minuta, dal sarcasmo facile e una forte voglia di libertà. Cresciuta in una fazione dove si pensa soltanto ad aiutare il prossimo, si sente egoista nel provare il desiderio di fuggire e pensare a se stessa. Unirsi agli Intrepidi è il suo sogno di sempre e quando finalmente trova il coraggio di scegliere loro, farà di tutto per esserne all'altezza. Durante l'addestramento, trova se stessa e scopre tante qualità che non pensava di possedere.
Il suo carattere è estremamente "umano"; Tris ha paura ma è comunque coraggiosa e vuole essere la migliore senza però danneggiare chi le sta intorno. I suoi dubbi e le sue emozioni hanno sfaccettature molto realistiche.


Theo James interpreta
l'affascinante Quattro
Quattro è uno degli addestratori degli Intrepidi. Si presenta come un diciottenne riservato e taciturno, che non ama parlare di se stesso né di tutto ciò che non riguarda gli Intrepidi. Tris si sente subito attratta da lui, ma è anche spaventata dalla sua aria da duro. Durante l'addestramento, i due ragazzi avranno modo di conoscersi e il loro rapporto diventerà molto stretto. Quattro sembra il solo a vedere la vera forza e il coraggio di Tris, l'unico a comprenderne la gentilezza e l'astuzia e diverrà sempre più affascinato da lei. Ma Tris non è l'unica a nascondere un segreto e quello di Quattro lo perseguita come un fantasma, che dal passato minaccia di tornare e rovinare tutto ciò che ha costruito.


Zoe Kravitz
è Christina
Christina è la prima persona con cui Tris fa amicizia nella nuova fazione. Originaria dei Candidi, è estremamente sincera e a volte risulta un po' sfacciata. Competitiva durante l'addestramento, spesso sembra essere amica di Tris solo perché le sembra debole, ma le resta accanto in momenti di grande difficoltà.


Ben Lyod Hughes è Will,
Christian Madsen è Al
Will e Al sono altri nuovi amici della protagonista, provenienti rispettivamente dagli Eruditi e dai Candidi. Come Christina, sembrano considerare Tris una persona fragile e bisognosa di protezione, ma non le negano la loro amicizia, almeno all'inizio. Perché l'invidia e la paura del fallimento possono portare a scelte da cui non si torna indietro.


Jai Courtney interpreta
Eric
Eric è uno degli addestratori degli Intrepidi. Spietato e freddo, nutre un'evidente antipatia per Quattro, dovuta senza dubbio all'invidia: non gli ha mai perdonato di essersi classificato primo nell'addestramento. 
Sottopone le reclute a dure prove di coraggio e ne incoraggia la crudeltà


Miles Teller
è Peter
Peter è la recluta più antipatica e crudele del corso. Proveniente dalla fazione degli Eruditi, non esita a deridere gli altri, specialmente Tris, né a giocare sporco in caso di necessità. Crea non pochi problemi agli altri ragazzi.


La mitica Kate Winslet
interpreta la fredda erudita,
Jeanine Matthews
Jeanine Matthews è il capo degli Eruditi. Dotata di un grande intelletto, tenta di scatenare le altre fazioni contro gli Abneganti per rovesciarne il governo e portare i suoi al vertice. Donna spietata e calcolatrice, dà la caccia ai divergenti, una seria minaccia ai suoi piani sovversivi, e sembra esercitare una notevole influenza su alcuni membri degli Intrepidi.

Nel film, come nel romanzo, ogni personaggio è ben definito e "vero". Gli attori sono riusciti in maniera eccellente a portarli sullo schermo e a farli risultare credibili. 
Molto buono anche il lavoro degli sceneggiatori, che sono rimasti molto fedeli agli avvenimenti del libro, tranne che per alcune scene romantiche di cui ho sentito sinceramente la mancanza. 
Ma il resto è tutto lì: l'azione, la violenza e i sentimenti ci travolgono in una spirale carica di pathos. 
E il messaggio del romanzo è chiaro, non arrendersi alle avversità, non avere paura di essere diversi né di combattere per la libertà.
Con un linguaggio semplice ed efficace, Divergent è riuscito a colpirmi al cuore, sia sulla carta che sulla pellicola. Lo consiglio vivamente ai ragazzi, ma anche agli adulti, che vogliono perdersi in una realtà distopica e assaporare il gusto dell'avventura. 
Io, personalmente, non vedo l'ora di leggere il secondo volume, Insurgent.






venerdì 24 ottobre 2014

Recensione de "La contessa nera", di Rebecca Johns


Cari lettori, oggi voglio parlarvi di un bellissimo romanzo storico, che ha saputo tenermi incollata alle pagine fino alla fine e che mi ha fatto amare, per quanto possibile, uno dei personaggi femminili più oscuri e spaventosi della storia d'Europa. Se vi piacciono le storie basate su persone e fatti reali, dove il mistero si mescola alla follia e alle debolezze dell'animo umano, questo è il romanzo che fa per voi.


Trama: Ungheria, 1611. L'alba illumina l'imponente castello di Csejthe. Nella torre più alta, una donna vestita di nero è sveglia da ore. Il suo sguardo austero è rivolto verso una feritoia nel muro che mostra solo un piccolo squarcio di cielo. Questa è l'unica cosa che scorgerà per il resto della vita. Murata viva in quella stanza fino alla morte: così ha decretato il conte palatino. Ma la contessa Erzsébet Bàthory, per tutti una strega e un'assassina, non ha nessuna intenzione di accettare supinamente il destino che le viene imposto. Non l'ha mai fatto in vita sua.


La mia recensione:

"La contessa Dracula" o "Contessa sanguinaria", è così che la storia ricorda Erzsébet Bàthory, leggendaria serial killer ungherese vissuta tra il Sedicesimo e Diciassettesimo secolo.
Le sue vittime, all'incirca trecento, erano giovani donne di bell'aspetto e in età da marito, ragazze che lavoravano in casa sua e che la contessa, con l'aiuto dei suoi servi più fedeli, adorava torturare fino alla morte. Non sorprende, dunque, che la sua figura sia spesso accostata a quella di Vlad l'Impalatore, noto ai più come Dracula, né che siano molte le versioni legate alla leggendaria contessa ungherese.
Il libro di Rebecca Johns segue l'intera vita di Erzsébet, partendo dalla fine. Dalla prima pagina sappiamo già che è stata rinchiusa in una torre, condannata ad essere murata viva, con l'accusa di omicidio e stregoneria. Nella penombra della sua prigione, Erzsébet decide di scrivere al figlio Pàl, per raccontargli la sua versione dei fatti; la contessa, infatti, si dichiara innocente. O, per meglio dire, ritiene di aver agito sempre per ottime ragioni.

"Non ho fatto nulla che non mi spettasse per diritto di sangue e di titolo, né al conte palatino né a nessun altro. Erzsébet Bàthory, vedova di Ferenc Nàdasdy, figlia della più antica e nobile casata di Ungheria, non è una strega, una pazza, un'assassina o una criminale. E non ha nessuna intenzione di accettare supinamente il suo destino." (Tratto da "La contessa nera")

Tornando con la mente alla sua infanzia, Erzsébet descrive le sue tipiche giornate nella tenuta di Ecsed. Amava leggere e andare a cavallo e badava alle sue sorelle con amorevole cura, insieme a suo fratello maggiore, Istvàn, futuro signore di Ecsed. Aveva solo cinque anni quando la madre le disse che la sua bellezza era la qualità più importante che possedesse e che avrebbe dovuto mantenerla ad ogni costo per procurarsi un buon marito. 
Pur circondata dall'affetto dei familiari, fu testimone di episodi di estrema violenza: la madre era solita far lavorare le cameriere indisciplinate nude sotto il sole cocente e farle frustare; il padre una volta punì uno zingaro, accusato di pedofilia, facendolo seppellire vivo nella carcassa di un cavallo nei giardini del palazzo.
All'età di dieci anni, Erzébet perse suo padre e meno di un anno dopo venne mandata contro il suo volere a Sàrvàr, nella casa del suo futuro sposo, dove una suocera oppressiva e un istitutore fin troppo severo le fecero avvertire un profondo senso di solitudine e abbandono.


"Se avessi scelto io di soggiornare in quel posto, avrei potuto trovare una ragione per essere felice nella mia nuova casa, (...) dove un'anziana donna sola aveva deciso di tenermi con sé come una figlia. Ma quella notte e per lungo tempo in seguito non vidi altro che pareti di pietra imbiancate chiuse intorno a me: la più bella prigione del mondo, è vero, ma pur sempre una prigione."(Tratto da "La contessa nera")
Erzébeth Bàthory in un dipinto anonimo.

Sua unica amica e confidente fu la serva Darvulia, che con il suo aspetto sgradevole e dimesso conquistò subito il cuore della contessa; Darvulia non avrebbe mai potuto essere una minaccia alla sua vanità e divenne, col tempo, complice dei suoi misfatti.
Ad accrescere ulteriormente il suo disagio, la totale indifferenza di Ferenc Nàdasdy, il suo fidanzato, che sembrava non apprezzare i suoi gesti gentili né la sua decantata bellezza. Erzsébet si sentiva umiliata e offesa dalla sua noncuranza, e furiosa con le cameriere, che si vantavano tra loro di essere andate a letto con il padrone e che parevano ridere di lei in ogni momento. E saranno proprio quelle ragazze a scatenare il lato mostruoso della giovane signora. 
Seguiranno numerosi avvenimenti, che mostreranno come la solitudine, i tradimenti e gli inganni possano scatenare la più grande ferocia anche negli animi più sensibili.
L'autrice dipinge un personaggio estremamente umano e vulnerabile, ogni azione di Erzsébet è dettata dall'insicurezza e dal desiderio di essere amata. Con abilità, le azioni del "mostro" vengono raccontate come se fossero state del tutto ragionevoli. Il lettore si immedesima in lei, prova lo stesso vuoto e la stessa vergogna nel sentirsi traditi e rifiutati. Alla fine del romanzo, ho provato quasi pena per questa fragile donna murata viva e non ho potuto fare a meno di sentirmi triste per lei.

"Il mio nome è stato trascinato nel fango più di quanto potessi immaginare. Dicono che ho mangiato la carne delle mie domestiche, picchiandole con le mie stesse mani fino a ricoprirmi del loro sangue, usando incantesimi e pozioni contro il conte palatino (...). Mi hanno fatto diventare una donna vampiro, un abominio." (Tratto da "La contessa nera")

Per concludere, sento di poter consigliare questo romanzo al cento percento. I dialoghi sono affascinanti, le descrizioni dettagliate, ma mai noiose. Il coinvolgimento nelle vicende è totale e, anche se conosciamo già il finale, sono tanti i segreti che la contessa ci svela e che ci lasciano a bocca aperta. Assolutamente consigliato.

Voto: 8

Promosso



martedì 7 ottobre 2014

Recensione di "Stardust": dalla carta alla pellicola

Il primo post per la serie 'Dalla carta alla pellicola' è dedicato a "Stardust", romanzo dello scrittore britannico Neil Gaiman, da cui nel 2007 è stato tratto l'omonimo film, diretto da Matthew Vaughn, con un cast ricco di attori con la A maiuscola. Questo romanzo rappresenta per me un'eccezione, poiché di solito, come per la maggior parte dei lettori, preferisco il libro alla trasposizione cinematografica. Ma stavolta le cose sono un po' diverse. Seguite il post per saperne di più.


Trama: In una fredda sera di ottobre una stella cadente attraversa il cielo e il giovane Tristan, per conquistare la bellissima Victoria, promette di andare a prenderla. Dovrà così oltrepassare il varco proibito nel muro di pietra a est del villaggio e avventurarsi nel bosco dove si raccoglie un incredibile mercato di oggetti magici. Tristan non sa di essere stato concepito proprio lì da una bellissima fata dagli occhi viola e da un giovane umano, e non sa neppure che i malvagi figli del Signore di Stormhold e le Streghe degli Alti Dirupi sono anche loro a caccia della stella.






La mia recensione:

E' difficile per me parlare di questo romanzo senza lasciarmi influenzare dal film, che ho visto prima di leggere il libro. Purtroppo - ma anche no - sono venuta a conoscenza della sua esistenza in un secondo momento, quando già le coinvolgenti avventure e i personaggi del grande schermo avevano fatto breccia nel mio cuore. A posteriori, sono felice che non sia accaduto l'opposto perché penso che avrei rifiutato con tutte le mie forze la visione del film, pensando che sarebbe stato altrettanto brutto, se non peggio. Avrei sbagliato. 
Mentre il romanzo si presenta come un mucchio di pagine noiose e poco descrittive, la sua pellicola è in assoluto una delle più riuscite che abbia mai visto. Ma andiamo per ordine. 
Tutto ha inizio in un piccolo villaggio dell'Inghilterra vittoriana, dove un ragazzo di nome   Dunstan Thorne decide di recarsi dall'altra parte del leggendario muro che separa il nostro universo da quello di Faerie, popolato da creature fantastiche e sconosciute. Giunto nella zona del mercato, vede una bellissima donna dagli occhi viola e le orecchie da gatto (assenti nel film), schiava di una vecchia strega, che vende fiori di vetro in cambio di ricordi d'infanzia o del colore dei capelli. 
Ma Dunstan è attratto da un'altro tipo di mercanzia e lui e la donna passano una notte insieme, all'insaputa della padrona di lei. Nove mesi dopo, riceve un regalo inaspettato: un neonato in una cesta e un bigliettino con il suo nome, Tristan Thorne. 
Il nostro protagonista cresce senza avere idea di chi sia la sua vera madre. Nel libro il padre si è sposato pochi mesi dopo la sua gita oltre il muro con una ragazza del villaggio, che accetta di allevare Tristan come figlio suo, pur trattandolo con distacco. Nel film, invece, Dunstan cresce il figlio da solo, forse a suggerire che sia ancora innamorato della bellissima schiava.
Charlie Cox è Tristan Thorne.
Tristan si presenta come un ragazzo goffo e un po' impacciato, che lavora come garzone in una drogheria e sogna una vita tranquilla accanto alla bella Victoria, suo primo e unico amore. La ragazza è, in entrambe le versioni, viziata ed egocentrica e per nulla interessata
Sienna Miller è l'antipatica Victoria.
a Tristan che, pur di conquistare la sua mano, promette di andare a cercare una stella caduta oltre il muro. Grazie all'aiuto del padre, riesce a superare le guardie al varco e  a cominciare la sua ricerca. 
Claire Danes è la Stella della sera, Yvaine.
Grande è la sorpresa del ragazzo quando scopre che la stella non è un grosso masso roccioso, ma una fanciulla dai capelli chiarissimi e dal carattere tutt'altro che "celestiale". Yvaine, questo è il nome della stella, è stata strappata giù dal cielo da un misterioso medaglione, della cui utilità parlerò più tardi. Con quel suo caratterino, Yvaine non accetta di venir presa in ostaggio da Tristan né di seguirlo fino al suo villaggio per conquistare Victoria, e tenterà persino di scappare. Ma le avventure che vivrà insieme a lui ne addolciranno i tratti più spigolosi e riveleranno una dolcezza e una passione molto profondi. 
Robert De Niro  nella parte
di Capitan Shakespeare.
Uno dei personaggi più coinvolgenti che incontreranno durante il viaggio è Capitan Shakespeare, purtroppo assente nel libro, che ha fama di spietato pirata con il vizio di buttare giù dalla sua nave volante chiunque intralci il suo cammino. Ma in questo universo oltre il muro nulla è come sembra e anche un feroce pirata può rivelarsi un aiuto prezioso contro le forze del male che stanno cercando Yvaine.
Un'irriconoscibile Michelle Pfeiffer
nella parte di Lamìa, sovrana degli Alti Dirupi.
Prima tra tutte, Lamìa, una strega millenaria che vuole rubare il cuore della stella per poter, con le sue sorelle, ringiovanire e riappropriarsi del proprio regno, ormai perduto.
Mark Strong è Septimus.
Segue Septimus, figlio del vecchio Signore di Stormhold, che, dopo aver ucciso i suoi sei fratelli per ascendere al trono, è alla ricerca del medaglione che ha strappato la stella dal cielo, poiché esso è il simbolo del potere del legittimo sovrano. 
I principi deceduti: Primus, Secundus, Tertius, Quartus,
Quintus e Sestus. Il vecchio re aveva molta fantasia! 
Per tutto il viaggio è sorvegliato dai fantasmi dei suoi fratelli, divertentissimi con i loro commenti sarcastici anche nelle situazioni più serie.

Pur ritrovando la maggior parte di questi personaggi nel romanzo, e anche alcune delle avventure più significative, la storia scritta è di una noia mortale.
Strano, vero? Tantissimi elementi fantastici, avventure spettacolari, amore, odio e quant'altro e ci si annoia? Eppure è così.
Sembrerebbe che Neil Gaiman abbia voluto ispirarsi ad "Alice nel Paese delle Meraviglie" con tutti gli elementi irreali e fuori dagli schemi, ma che non abbia saputo esporli in maniera adeguata.
I personaggi secondari vengono a malapena descritti, e così anche le creature fantastiche, e pure gli elementi più eccentrici che andrebbero spiegati o analizzati sono lasciati al caso, sulla pagina, senza uno straccio di approfondimento.
I dialoghi, poi, sono spesso insensati e banali, non hanno un filo logico. L'evoluzione dei personaggi è totalmente inesistente. I loro caratteri hanno un encefalogramma piatto, per così dire. Insomma, Tristan è un ragazzo ingenuo, che diventa un uomo nel giro di due righe; Yvaine è un'isterica che all'improvviso smette di inveire contro il suo "rapitore" senza che ci venga mostrato perché. 
Il finale, per concludere, è tra i più deludenti che abbia mai letto. Davvero.
Ma questo vale per il romanzo, lo ribadisco. Nel film ogni cosa è perfetta, tutto coinvolge ed emoziona e l'evoluzione dei personaggi è repentina ma credibile. 
Dunque, il mio consiglio è: guardate il film, dimenticate che esiste il romanzo. Ne guadagnerete in salute.