domenica 22 maggio 2016

Recensione de "Il diavolo in corpo", di Raymond Radiguet

Cari lettori,
approfitto di una piccola pausa dallo studio pre-esami per parlarvi di un libro molto speciale, di cui sono venuta a conoscenza grazie al bellissimo intervento di Elisabetta Rasy per le Strane Coppie, un ciclo di incontri letterari organizzati da Lalineascritta. Scritto dal giovanissimo Raymond Radiguet, morto appena ventenne, e pubblicato per la prima volta in Francia nel 1923, "Il diavolo in corpo" fu a suo tempo un romanzo scandalo, date le tematiche sconvenienti trattate, ma divenne ben presto un classico della letteratura francese di inizio Novecento. Allora, siete curiosi? Leggete il post.

La trama:

Ambientato ai tempi della prima guerra mondiale, ha per protagonista un ragazzo che diventa l'amante di una giovane donna, Marthe, poco più grande di lui, promessa sposa di un soldato al fronte, Jacques. E' un'iniziazione sentimentale e sessuale febbrile e perturbante, una passione sondata con sguardo penetrante dall'autore, che scandaglia i contraddittori impulsi dell'adolescenza di fronte al sesso e alla responsabilità dell'età adulta. 

La mia recensione:

In una cittadina anonima sulle rive della Marna abita il nostro protagonista e narratore, anch'egli senza nome (sebbene nelle bozze del romanzo si chiamasse Francis), un quindicenne dall'animo ribelle con una forte passione per la letteratura e per l'arte. 
Un giorno di primavera incontra Marthe, figlia di certi amici di famiglia, che lo affascina con la sua natura irruenta e un po' civettuola. Ma la bella diciannovenne è già fidanzata con un altro uomo, un bigotto di nome Jacques di stanza al fronte da parecchi mesi. I due ragazzi instaurano un bel rapporto di amicizia, che per un po' non sembra portare ad altro, poiché il nostro protagonista ha altri pensieri che lo allontanano da Marthe, prima tra tutti la scuola.

A forza di pensare a Marthe, ci pensavo sempre meno. Nella mia mente succedeva quanto capita allo sguardo che vaga sulla tappezzeria di carta della camera. A forza di guardarla, gli occhi non la distinguono più. [...] Se uno stimolo proveniente da fuori mi costringeva a pensare a Marthe meno pigramente, la pensavo senza amore, con la nostalgia che si prova per quello che sarebbe potuto accadere. (Tratto da "Il diavolo in corpo")

Poco dopo il matrimonio, quando il marito parte nuovamente per il fronte, Marthe invita il suo giovane amico a casa per un té. Non ci vuole molto perché entrambi si confessino i reciproci sentimenti, dando inizio alla loro storia d'amore illecita, che sarà tormentata e ricca di ostacoli.
Troppo innamorati, o semplicemente troppo ingenui, per riuscire a tenere nascosto il loro affair, diventano presto oggetto di malevole chiacchiere tra i vicini e gli amici, che prendono ad evitare entrambi per la loro condotta sconveniente. All'inizio è facile ignorare l'isolamento sociale, basta ci sia l'amore, dicono, ma ben presto quello che pareva un sentimento solido e destinato a durare comincia a mostrare delle incrinature nelle fondamenta.

Cominciavo ad apprezzare il sonno casto e libero, il benessere di sapermi solo in un letto dalle lenzuola linde. Per non trascorrere più la notte da Marthe adducevo ragioni di prudenza. Lei ammirava la mia forza di carattere. [...] A letto, accanto a lei, d'improvviso, mi prendeva la voglia di dormire da solo, a casa dei miei; e presentivo quanto la vita in comune mi sarebbe risultata intollerabile. (Tratto da "Il diavolo in corpo")

Nonostante i due amanti si atteggino a persone adulte e indipendenti, essi non sono altro che ragazzini capricciosi e un po' volubili. Gelosia, ripicche e tradimenti sono viste dai due come simboli della loro passione bruciante, che si alimenta del sospetto e della noia che li attanagliano.
Il nostro protagonista pare stufarsi presto di Marthe, eppure allo stesso tempo non riesce a starle lontano, tormentato dal pensiero che un altro possa averla, specialmente quel marito lontano, che ogni tanto fa ritorno a casa e al quale Marthe giura di non essersi concessa mai dall'inizio della loro tresca. Ma sarà davvero questa la verità? 
Dal canto suo, Marthe sembra nutrire una vera e propria ossessione per il suo giovane amante; in ogni suo silenzio vede la fine del suo amore, in ogni sua assenza il tradimento. Ne diventa presto schiava, troppo presa dalla paura di perderlo per vedere il suo egoismo e i suoi capricci.

Non provai mai tanta voglia di baciare Marthe come quando qualche occupazione l'allontanava da me; mai tanta voglia di sfiorarle i capelli, di arruffarglieli, come nel momento in cui lei si pettinava. In barca, mi precipitavo su di lei coprendola di baci finché abbandonava i remi; [...] Lei vi riconosceva i segni di una passione ingovernabile, mentre era soprattutto il malvezzo assillante di infastidire che mi spingeva a comportarmi così. (Tratto da "Il diavolo in corpo)

Lo stile di Radiguet, semplice, lineare e scarno di dialoghi, rispecchia certamente la giovane età dell'autore. Altrettanto semplice è la trama, che non presenta momenti di notevole azione né colpi di scena eclatanti. Tuttavia, il narratore ci trascina con sé, con la sua voce cinica e lontana, un "senno di poi" che racconta le sue passioni di gioventù con più crudezza di quanto richiederebbe una storia d'amore tra due adolescenti.
Il narratore pare consapevole dei tratti infantili e ossessivi della tresca con Marthe e non tenta in alcun modo di giustificarli, pur chiamando spesso in causa la volubilità e i desideri carnali legati all'età. La semplicità della trama, comunque, non mi è affatto dispiaciuta, sebbene in un paio di punti della narrazione ci sia una specie di ripetitività dei temi che ha rallentato un po' la mia lettura: l'infedeltà, il sospetto e il tentennamento amoroso vengono portati all'attenzione del lettore un po' troppe volte, pur contribuendo a trasmettere quel senso di ossessione e pedanteria che fanno parte di entrambi i personaggi coinvolti.
L'immersione del lettore nella tresca è totale, pochissimi sono i cenni al mondo esterno e alla guerra, che viene citata quasi soltanto in riferimento alla lontananza di Jacques. 
Tutto è in funzione della passione e dell'inganno. E gli affetti familiari, che all'inizio del racconto sono descritti quasi come idilliaci, si trasformano ben presto, sotto la lente deformante dell'amore proibito, in attenzioni soffocanti e insensibili, affetti da temere poiché potrebbero portare alla fine di tutto.

In generale, leggere "Il diavolo in corpo" è stata un'esperienza piacevolissima. Radiguet possedeva di certo molto talento e non dubito che, se fosse vissuto più a lungo, avrebbe scritto molti capolavori. Non posso non consigliarvi la lettura di questo romanzo, dai più visto come il prototipo del bestseller erotico-sentimentale, che sa dipingere così bene i tormenti e -è il caso di dirlo- l'indiavolamento causati dal primo amore.

Voto 7
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lunedì 25 aprile 2016

Recensione di "Lisario o il piacere infinito delle donne" di Antonella Cilento

Cari lettori,
ritorno al blog dopo mesi di studio intenso con la recensione di un libro che mi sta molto a cuore. Chi mi segue su Instagram saprà che "Lisario o il piacere infinito delle donne" è stato una parte importantissima della mia tesi di laurea triennale, riguardante la genealogia e il destino del romanzo picaresco. 
Ora che è tutto finito, lo stress per la tesi e per la seduta in generale, mi sento finalmente pronta a condividere la mia analisi del romanzo con voi. Se siete interessati, leggete oltre.

Trama:

Lisario Morales è muta a causa di un maldestro intervento chirurgico, ma legge di nascosto Cervantes e scrive lettere alla Madonna. È poco più di una bambina quando le propongono per la prima volta il matrimonio: per sottrarsi a quest'obbligo cade addormentata. Quando non può opporsi alla violenza degli adulti, infatti, Lisario dorme. 
E addormentata da mesi, come la protagonista della più classica delle fiabe, la riceve in cura Avicente Iguelmano, medico fallito giunto a Napoli per rifarsi una reputazione. Tra mille incertezze, pudori, paure, la terapia, al tempo stesso la più prevedibile come la più illecita, sarà coronata dal successo, e però spalancherà davanti alla mente del dottore, fragile, superstiziosa, supponente - in una parola, seicentesca -, un vero e proprio abisso di fantasmi e di terrori, tutti con una radice comune: il mistero abissale, conturbante, indescrivibile del piacere femminile, l'incontrollabile ed eversiva energia delle donne. 

La mia recensione:

Sin dalle prime pagine, leggendo le appassionate lettere che Lisario, devotissima, indirizza alla Madonna, non possiamo non provare simpatia per questa vivace ragazzina dalla lingua lunga. 
Lingua che, ahimé, le viene portata via molto presto in seguito a un intervento al gozzo mal riuscito. Perciò Lisario scrive per trovare conforto e per dar voce ai suoi pensieri più profondi, commentando le vicende in uno spazio temporale lontano, quasi assente, dallo svolgimento di esse. 

"La Madre che piange al mio capezzale, il Padre serio, che la rimprovera. Così io provo a parlare per dire: sono viva! Ma non mi esce fiato, non una parola [...]. Sono muta! Sono spenta, sono un Liuto senza Corda. [...] Corro per le mura, scappo, le mani sulla bocca. Che mi hanno fatto!Da oggi solo Lettere a Te, Signora mia Dolcissima. Le nascondo qui, sotto le pietre, nella spiaggia del Castello, dove ora scrivo. Arrivano, mi cercano, che il mare le protegga."(Tratto da "Lisario o il piacere infinito delle donne")

Privata della parola, Lisario non può opporsi alla decisione del padre, che vuole maritarla a un uomo molto più vecchio di lei, "bavoso e gottoso". In collera, decide di dormire, come aveva fatto nei mesi dopo l'intervento, per sfuggire a quell'orribile destino. 
Ella è per molti aspetti una figura femminista: non accetta passivamente il destino che le viene imposto né dalla società homocentrica in cui vive né tanto meno dagli uomini che fanno parte della sua vita. Lisario dorme e si sveglia quando le pare e piace ed è, nei limiti del possibile, padrona del suo avvenire. E infatti sarà soltanto un anno dopo, con l'arrivo di Avicente Iguelmano, che Lisario deciderà di tornare alla vita.
Avicente è un medico spagnolo, un ciarlatano, giunto a Napoli per dare nuova linfa alla sua reputazione. Uomo senza alcun talento in particolare se non quello di vendere capsule di erbe e zucchero quali effetto placebo, vuole la gloria e la fama. Risvegliando Lisario ottiene il successo tanto sperato, ma si accorge presto che il suo carattere debole e la sua mediocrità non sono compatibili con l'animo indomito della moglie, donna per nulla remissiva, che osa procurarsi piacere fisico da sola quando lui non è in grado di soddisfarla. 
L'ossessione per Lisario, ma soprattutto per il corpo femminile, conturbante e misterioso, lo porterà sull'orlo della follia.

"Odiava la moglie perché poteva procurarsi piacere senza di lui e perché lo sbeffeggiava anche in questa pratica. E poi: a chi pensava questa moglie tanto istruita dei fatti della carne mentre si gingillava in sua assenza? A un soldato? A un principe? A un passante? Tutti li odiava, tutti.[...] fu preso da un'ossessione mascherata da virtù professionale, ovvero decise d'applicarsi a una branca della medicina pochissimo esplorata e considerata di nessun conto: la donna." (Tratto da "Lisario o il piacere infinito delle donne")

A questo punto, fanno la loro comparsa diversi personaggi che posso descrivere soltanto come picareschi: furfanti e malfattori, che danno colore alla trama e contribuiscono a renderla più fitta di avvenimenti. Infatti, pur essendo Lisario la protagonista dichiarata della vicenda, la voce narrante segue in terza persona anche le azioni di questi personaggi, picari disonesti, che insieme alla tematica della ricerca del piacere, dell'amore e della follia dominano lo scenario narrativo. 

Lisario accoglie in sé diversi elementi letterari che catapultano il lettore in un universo caotico, fatto di luci e ombre, quale è la Napoli del Seicento
Risuona forte e chiaro l'eco della famosissima raccolta di favole napoletana, "Lo cunto de li cunti", che in Lisario, bella addormentata nel castello di Baia, vede la reincarnazione di Talia, la principessa dormiente di Giovanbattista Basile. 
L'elemento favolistico sfuma al cospetto dei furfanti del romanzo: lontani dai personaggi fiabeschi, essi non compiono azioni malvagie in funzione di una cattiveria innata e fine a se stessa, ma in base alle circostanze in cui la vita stessa li ha barcamenati e fanno ciò che possono per ottenere un minimo di felicità terrena. 
L'interesse dell'autrice Antonella Cilento è dunque per gli aspetti più degradati della realtà e per i personaggi più miseri, creando un'immagine che rimanda ai dipinti cinquecenteschi, con il mondo terreno in basso, cupo e disordinato e ricco di sofferenza e umanità, e il mondo divino in alto, sempre presente ma fermo nel suo punto d'osservazione, un mondo che non entrerà in contatto con l'altro fino all'avvento di Caravaggio.  
I toni usati rimandano invece allo stile picaresco: episodi comici si alternano ad altri tragici o eroici, con un linguaggio spesso crudo e con un ritmo veloce, incalzante, che avvolge il lettore stretto, lasciandolo precipitare nella spirale di eventi insieme ai protagonisti. 
La narrazione è in terza persona e, pur avendo modo di conoscere il punto di vista di Lisario tramite le sue lettere alla Madonna, abbiamo una visione periferica e onnisciente delle vicende. 
Il punto di vista dell'azione è perciò oggettivo e soggettivo insieme, grazie all'adozione di una finta terza persona che permette al lettore di essere interno ed esterno ai pensieri dei personaggi coinvolti. Il giudizio di Lisario sui fatti si unisce a quello dell'opinione pubblica, creando un piacevolissimo contrasto tragicomico che è tipico della letteratura cinquecentesca, e della commedia napoletana in primis. 

"Tonno, quando non minacciava, cosa che faceva in perfetto spagnolo, parlava un cattivo napoletano mescolato di fantasiose inflessioni [...] -E... dottò? Ve pozzo dicere la mia personale scoperta? 'O sesso d'è femmine nun stà mmiez' e cosce, s'o portano ccà- e si era battuto il petto. -So 'e zizze!." (Tratto da "Lisario o il piacere infinito delle donne")

Antonella Cilento con il suo "Lisario" è arrivata finalista al Premio Strega 2014 e ha vinto il Premio Boccaccio dello stesso anno; riconoscimenti meritatissimi, aggiungerei.
Lo stile della Cilento è particolare, la trama mai banale o noiosa. Dall'inizio alla fine, il suo romanzo ha saputo catturare la mia attenzione, trovando sempre nuovi modi di tenere vivo il mio interesse. 
Da napoletana, poi, non ho potuto evitare di sentirmi emotivamente coinvolta, legata ad ogni luogo della città, ai colori e al chiacchiericcio della gente che, seppure siano passati secoli dal tempo in cui avviene la vicenda, ancora oggi sono un tratto distintivo della mia bella Napoli.
Dunque, che siate del sud oppure no, vi consiglio caldamente la lettura di "Lisario", per sentirvi più vicini alla storia, alla cultura napoletana, per farvi due risate e per vivere una storia d'amore e di tanto altro diversa dal solito.

Voto: 9
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domenica 31 gennaio 2016

Bookmob, Pensieri di carta #1


Buona domenica, cari lettori,
voglio dedicare il primo post della rubrica "Pensieri di carta" alla bellissima iniziativa dell'Associazione Librincircolo, che periodicamente regala due minuti di pura magia ai lettori di Napoli e dintorni. Avete capito bene, due minuti.
Centoventi secondi che possono dare un senso alla più anonima delle giornate. Parlo ovviamente del Bookmob
Per chi non ha idea di cosa si tratti, spiego brevemente le regole. Ogni persona porta un libro (o più di uno) incartato in maniera creativa, spesso seguendo un tema stabilito dagli stessi organizzatori. Al segnale, ci si dispone in cerchio, cosicché i libri passino di mano in mano nell'enorme catena umana che si va a creare, e si conta fino a venti. Si torna a casa con un libro "nuovo"Ieri mattina, dunque, mi sono recata in Piazza Dante in compagnia di mia madre, con la borsa piena di libri in cerca di una nuova casa e il cuore colmo di trepidazione. Lo ammetto, pur essendo il mio quarto Bookmob, l'emozione è stata grande come la prima volta, la stessa gioia selvaggia che si prova tra gli scaffali di una libreria al pensiero di un nuovo libro da leggere. Sapete di che parlo.

La giornata si presentava grigia e uggiosa, ma mi è bastato arrivare in piazza per sentire il calore del sole; i sorrisi della folla illuminavano il fu Largo Mercatello più di una centrale elettrica. Alcuni liceali erano lì per la prima volta, tanto eccitati da saltellare sul posto, ma anche i bambini, le coppiette e i veterani del bookmob sembravano non stare più nella pelle. Di certo questo è uno degli aspetti che più apprezzo dell'iniziativa: non importano l'età e i gusti letterari delle persone presenti, tutti sono uniti dalla passione per la lettura e sono lì nella speranza di ricevere un bel libro e di trovare nuova dimora ad un romanzo che hanno amato o, perché no, odiato. E se qualcuno non ottiene ciò che si aspettava, non deve far altro che presentarsi al bookmob successivo e lasciare che il volume poco gradito trovi un lettore che lo ami. Semplice ma efficace.
Mia madre ed io siamo tornate a casa molto soddisfatte: le poesie di Saffo per me, un libro di fiabe per lei, che in quanto maestra di scuola primaria è stata felicissima. Meno felice di ritrovarsi la Bibbia tra le mani (non per una questione religiosa, ma per il semplice fatto che ne possiede già una), mi sa che già ha deciso che libro incartare al prossimo evento. Come avrete notato, siamo tornate a casa con tre libri. Come? Facile. All'inizio del post ho accennato alla possibilità di portare più libri da scambiare. Ebbene, i volumi in più vengono disposti al centro della piazza e alla fine del passaggio a catena i più temerari possono prelevare un altro libro dal mucchio. Dico temerari perché è un vero assalto. Giuro, non ho mai visto tante persone fiondarsi su qualcosa con una tale voracità... forse soltanto gli invitati di un matrimonio a un buffet.
Ovviamente, anch'io ieri ho fatto la mia parte. Ho corso verso il centro della piazza come se ne andasse della mia vita, afferrando il primo pacchetto che sono riuscita a raggiungere proprio un attimo prima che un'orda di barbari si abbattesse sul cumulo di testi depositati. MAI mettersi tra dei lettori accaniti e una pila di libri gratis. Ho raggiunto mia madre con le ginocchia che mi tremavano e un grosso sorriso sul viso, mentre il cuore mi batteva nel petto come un martello pneumatico. Lo confesso, non vedo l'ora di rifarlo. E voi? Siete curiosi di provare? Vi consiglio di seguire l'evento su Facebook per conoscere la prossima data e le coordinate varie. Se siete di Napoli e dintorni non dovreste avere problemi; se abitate fuori città... be', vi consiglio di tenere d'occhio la pagina ugualmente. Magari potreste trovarvi nei paraggi per un viaggetto o potreste organizzarne uno nella città partenopea proprio per avere l'occasione di partecipare. In entrambi i casi, spero in un mookmob quantomai prossimo.

lunedì 4 gennaio 2016

Recensione de "La meccanica del cuore" di Mathias Malzieu

Care lettrici e cari lettori,
ritorno al blog con la più ferma delle intenzioni: leggere di più, scrivere di più. Soprattutto qui sul blog, che ho a lungo ingiustamente trascurato. Iniziamo il nuovo anno alla grande, con la recensione di un libro molto particolare, di matrice francese, che ha attirato la mia attenzione (lo ammetto) con la sua bellissima copertina, disegnata dall'artista francese Benjamin Lacombe, di cui ammiro tantissimo i lavori.
Copertina a parte, "La meccanica del cuore" ha saputo regalarmi alcune ore piacevoli, tenendomi compagnia in un lungo viaggio in treno che, dopotutto, è risultato gradevole. 
Volete saperne di più di questo romanzo insolito? Leggete il post.

Trama:

Nella notte più fredda del mondo possono verificarsi strani fenomeni. E' il 1874 e in una vecchia casa in cima alla collina più alta di Edimburgo il piccolo Jack nasce con il cuore completamente ghiacciato. La bizzarra levatrice Madelaine, dai più considerata una strega, salverà il neonato applicando al suo cuore difettoso un orologio a cucù. La protesi è ingegnosa quanto fragile e i sentimenti estremi potrebbero risultare fatali. L'amore, innanzitutto. Ma non si può vivere al riparo dalle emozioni e il giorno del suo decimo compleanno, la voce ammaliante di una piccola cantante andalusa fa vibrare il cuore di Jack come non mai. Ormai innamorato, è disposto a tutto per lei. Non lo spaventa la fuga né la violenza, nemmeno un viaggio attraverso mezza Europa fino a Granada. E finalmente due figure delicate, fuori dagli schemi, si incontrano di nuovo e si amano. L'amore è dolce scoperta, ma anche tomento e dolore e Jack lo sperimenterà ben presto.

La mia recensione:

Il primo amore, quello che smuove le viscere, che tiene svegli la notte e fa fare cose folli. E' lui a domare le scene di questo romanzo. Un sentimento puro, magnifico e terrificante, che tiene tutti, e in questo caso il piccolo Jack, sotto scacco.
Il nostro protagonista vive una condizione bizzarra: è nato con il cuore ghiacciato e la levatrice Madelaine, per salvarlo, collega l'organo a un piccolo orologio a cucù che lo mantiene in vita. Cresciuto nella bambagia, al sicuro nella casa in cima alla più alta collina di Edimburgo, con la levatrice a fargli da madre iperprotettiva e un piccolo gruppo di amici altrettanto bizzarri, Jack non conosce l'amore, perlomeno non quello passionale e folle.
Ma ha l'occasione di sperimentarlo il giorno del suo decimo compleanno, quando finalmente Madelaine decide di mostrargli la città. C'è un mondo meraviglioso ai piedi della collina, Jack se ne rende subito conto. Ma tutto diventa superfluo quando i suoi occhi si posano su una giovane cantante andalusa, dalle movenze un po' goffe a causa della miopia, con la voce angelica. 
Bastano pochi attimi e il cuore di Jack freme di passione per la ragazza sconosciuta. Letteralmente. E quando la perde di vista a causa del malfunzionamento del suo cucù, Jack fa di tutto per poterla vedere ancora una volta.


"Il mistero che avvolge la piccola cantante mi rende euforico. Colleziono immagini mentali delle sue lunghe ciglia, delle fossette, del naso perfetto e delle pieghe delle labbra. Cullo il suo ricordo con la stessa cura che riserviamo a un fiore delicato. Le dedico molto tempo.Penso solo a una cosa: ritrovarla. Gustare ancora, prima possibile, quell'indicibile sensazione. [...] Rischio la morte? Forse, ma adesso rischio la vita se non la rivedo, e alla mia età mi sembra molto più grave." (Tratto da "La meccanica del cuore")

Passano parecchi anni prima che il suo sogno diventi realtà. Ma Jack è ostinato e il suo amore fortissimo. Finita la scuola, contro il volere di Madelaine, parte per il Continente alla ricerca della sua amata. Durante il viaggio incontra personaggi piuttosto singolari; di alcuni fa bene a fidarsi, di altri no, ma tutti gli lasciano qualcosa, una frase, una lezione di vita che Jack custodirà attentamente anche dopo aver ritrovato la sua Miss Acacia. Tuttavia, saranno soprattutto gli avvertimenti di sua madre ad ossessionarlo di giorno, quando la bella cantante andalusa è lontana dal suo sguardo e il morso della gelosia gli corrode le viscere.

"Un giorno o l'altro, tutto il piacere e la gioia che l'amore può suscitare si pagano con la sofferenza. E più si ama intensamente e più il dolore sarà moltiplicato. Sperimenterai l'assenza, poi i tormenti della gelosia, dell'incomprensione, infine la sensazione del rifiuto e dell'ingiustizia. Avrai freddo fino nelle ossa e il sangue formerà dei ghiaccioli che sentirai passare sotto la pelle. La meccanica del tuo cuore esploderà." (Tratto da "La meccanica del cuore")

Le atmosfere che accompagnano le avventure di Jack sono fiabesche eppure crude, i colori grigi ma in maniera delicata e d'effetto. La dolcezza con cui i tormenti d'amore sono descritti, e così anche gli elementi grotteschi e surreali, ricordano moltissimo il cinema di Tim Burton. D'altronde, chi è mai riuscito a descrivere l'altra faccia del mondo, le creature deformi, l'amore e le ossessioni, con i toni soffici tipici della fiaba?
Mathias Malzieu ci è riuscito. Certo, il suo romanzo non è perfetto. I salti temporali sono enormi, spesso poco descritti; a volte anche i dialoghi appaiono affrettati o poco credibili. Tutto pare avvolto da una foschia che soltanto sporadicamente ci permette di vedere il centro dell'azione. Sarà che il punto di vista è in prima persona e che, quindi, tutto filtra attraverso gli occhi di Jack. Quali dettagli può mai ricordare un ragazzo innamorato, se non riguardano la donna amata e le notti di passione trascorse con lei? Diciamo che su questo gliela diamo buona.

Ma passiamo a descrivere i nostri due innamorati, tanto dolci nei primi momenti della loro relazione, come si può essere solo quando si è giovani e innamorati.
Jack appare fin da subito una persona intraprendente e determinata, così desideroso di vivere la sua storia con Miss Acacia da risultare un po' ingenuo. La passione descritta nel suo primo incontro con lei, e nel periodo di tormento amoroso successivo, mi è parsa un po' esagerata, a dirla tutta. Un bambino di dieci anni non guarda certo il corpo delle sue coetanee in maniera bramosa e sensuale come invece fa Jack. Forse questo è il dettaglio su cui davvero non posso passare sopra, nonostante io mi renda conto che il libro non è di genere realistico. 
Ma andiamo avanti. Con il passare del tempo, Jack conosce la gelosia e la sua sicurezza inizia a vacillare. L'amore sarà sufficiente a tenerli insieme? Tra gli uomini che occhieggiano la sua amata ballerina c'è chi riuscirà a portargliela via prima o poi? Dubbi fondati, secondo me, dato che la nostra Miss Acacia presenta tratti da civetta
Più di una volta, lo ammetto, ho messo in discussione i suoi sentimenti per Jack; pur dichiarando di amare lui e il suo essere diverso (messaggio che ho apprezzato molto), mi è parsa spesso scostante, bugiarda, il classico tipo che prima flirta con qualcuno e poi, colta sul fatto, accusa il fidanzato di paranoia. Una situazione alla Otello e Desdemona, per intenderci.
Sinceramente, non so dire se questa sua ambiguità nel rapporto sia dovuto proprio al punto di vista soggettivo di Jack. In fondo, lui racconta la storia, lui è geloso, dunque perché non vedere i fatti deformati dalla diffidenza nel suo sguardo?


"Eppure sopra questa felicità semplice e ovvia incombe una nuvola minacciosa. Sono orgoglioso di Miss Acacia come non lo sono mai stato di nessuno. Man mano che il tempo passa però gli sguardi estasiati dei maschi della mia specie mi fanno ingelosire sempre più. Mi rassicuro ripetendomi che senza occhiali, forse, non riesce nemmeno a vedere questa mandria di uomini più belli di me." (Tratto da "La meccanica del cuore)

Nonostante i difetti strutturali già descritti, che vanno intensificandosi nel finale insolitamente affrettato, "La meccanica del cuore" è stata una lettura piacevole, che è riuscita a regalarmi qualche sorriso nostalgico e qualche parola zuccherosa. E' sempre bello indossare gli occhi di un giovane e vedere l'amore per la prima volta. Se cercate un romanzo che vi riporti alla prima cotta, ai primi baci e alle avventure giovanili questo fa al caso vostro.
Il libro, ovviamente, non si limita a questo. E' un romanzo di formazione, che segue Jack dall'infanzia fino all'età adulta, l'età in cui la passione può degenerare in follia e la gelosia significa mancanza di fiducia. Vedrete Jack diventare uomo, lavorare sodo per far funzionare la sua relazione, affrontare ostacoli che parrebbero minacciare l'intesa tra lui e Miss Acacia. E vedrete la sua ingenuità e la sua fiducia corrose dalla gelosia e dall'incertezza. Il mondo degli adulti non potrebbe essere più lontano di così dagli universi fiabeschi, e Jack lo impara molto presto.


Voto: 6 e 1/2

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Cosa ne pensate de "La meccanica del cuore"? Lo leggerete? O l'avete già letto? Lasciate un commento.






martedì 28 aprile 2015

Recensione di "Città di carta", di John Green

Buonasera, cari lettori e care lettrici. Nella recensione di oggi vi parlerò di un libro fresco e a tratti dolce, come può esserlo solo un libro che parla di amori adolescenziali. Si tratta di "Città di carta" di John Green, autore del famoso "Colpa delle stelle", che ha portato una ventata di primavera in queste mie grigie giornate d'aprile. Curiosi di saperne di più? Spero di sì.



Trama: Quentin Jacobsen è sempre stato in­namorato di Margo Roth Spiegelman, fin da quando, da bambini, hanno condiviso un’inquietante scoperta. Con il passare degli anni il loro legame speciale sembra­va essersi spezzato, ma alla vigilia del diploma Margo appare all’improvviso alla finestra di Quentin e lo trascina in piena notte in un’avventura indimenticabile. Forse le cose possono cambiare, forse tra di loro tutto ricomincerà. E invece no. La mattina dopo Margo scompare misteriosamente. Tutti credono che si tratti di un altro dei suoi colpi di testa, di uno dei suoi viaggi on the road che l’hanno resa leggendaria a scuola. Ma questa volta è diverso.

La mia recensione:

Avete mai avuto una cotta da bambini, per una compagna di banco o per un vicino di casa? Quentin sì. Ha diciotto anni ed è innamorato di Margo da quando ne aveva otto. Sua compagna di giochi e vicina, Margo gli appariva come la creatura più meravigliosa di tutte, con il suo spirito ribelle e la sua voglia di trasformare la sua vita in una sequenza interminabile di avventure.

"Un miracolo capita a tutti. Io la vedo così. Tipo, non sarò mai colpito da un fulmine, [...] non mi verrà un tumore maligno a un orecchio, non morirò per combustione spontanea. 
Se però proviamo a vederle tutte insieme, queste cose altamente improbabili, salta fuori che a ognuno di noi prima o poi ne capita almeno una. Quasi di sicuro. Io potrei aver visto piovere rane. [...] Potrei aver sposato la regina d'Inghilterra o essere sopravvissuto per mesi in mare. Ma il mio miracolo è stato un altro.
Il mio miracolo è stato questo: tra tutte le case di tutti i quartieri di tutta la Florida, mi sono ritrovato a vivere nella porta accanto a quella di Margo Roth Spiegelman."

(Tratto da "Città di carta")

Ma Quentin non è mai stato un tipo incauto e col passare degli anni questa sua natura tranquilla finisce per allontanarlo dalla sua più cara amica, nonché primo amore. Passa l'adolescenza ad ammirarla da lontano, mentre è circondata dai ragazzi più popolari della scuola, ascoltando i racconti delle sue fantasmagoriche avventure, delle sue fughe notturne verso qualche posto lontano. 
Margo è per lui un essere perfetto, una creatura ultraterrena che ha completamente dimenticato la loro amicizia o, semplicemente, la sua esistenza. Per questo si sorprende quando una sera, pochi giorni prima del ballo di fine anno, la vicina si arrampica alla finestra della sua stanza, chiedendogli di partecipare a una folle notte per le strade della città, per vendicarsi del suo fidanzato e della sua migliore amica, che sono stati a letto insieme, e di tutte le altre persone coinvolte nella faccenda.

"Stanotte, mio caro, raddrizzeremo molti torti. Ed estorceremo alcuni diritti. I primi saranno gli ultimi e i miti erediteranno un po' di Terra. Ma per poter cambiare il mondo in modo così drastico dobbiamo prima fare un po' di spese."
(Tratto da "Città di carta)

Passare l'intera notte in giro con Margo è un'esperienza unica per Quentin, terrificante certo, ma pur sempre meravigliosa. La sintonia che ritrova con la sua vecchia amica lo porta a sperare di poter tornare a frequentarsi anche a scuola e magari, col tempo, di diventare qualcosa di più. Ma il giorno dopo, Margo non torna a scuola. Scompare. I genitori non sono per nulla ansiosi di trovarla, poiché è ormai una donna adulta e una veterana in questo genere di bravate.
Invece Quentin è preoccupato, qualcosa nello sguardo che Margo aveva la notte precedente lo inquieta e gli fa temere che la ragazza, stanca di vivere in una "città di carta", finta e senza emozioni, voglia compiere un gesto estremo. Perciò, quando scopre alcuni indizi da lei disseminati per la casa, decide di volerla cercare. 

" - Però è strano... Senza offesa, ma ha sempre lasciato indizi per i suoi genitori, perché stavolta dovrebbe averne lasciati per te? -
Mi strinsi nelle spalle. Non avevo idea della risposta, ma ovviamente avevo le mie speranze: che Margo volesse mettere alla prova la mia fiducia; che magari stavolta volesse davvero farsi trovare, e farsi trovare da me; che magari, dopo avermi scelto per quella notte infinita, mi avesse scelto di nuovo."

(Tratto da "Città di carta)

Quentin chiede aiuto ai suoi migliori amici, Radar e Ben, sfigati della banda scolastica proprio come lui, che accettano volentieri di aiutarlo a ritrovare il suo unico amore, rassegnandosi all'ossessione che il loro amico sembra aver sviluppato per la sua ricerca. Perché di questo si tratta.
Quentin è un adolescente dolce e gentile, il classico bravo ragazzo che aiuta la madre con le buste della spesa e rispetta l'orario del coprifuoco, ma la ricerca di Margo lo ossessiona a tal punto da fargli perdere di vista tutto il resto. 
E' un punto del libro che ho trovato difficile da digerire, a essere sincera. Nonostante lo stile narrativo di John Green sia fresco e leggero e, in qualche modo, riesca sempre a toccarmi il cuore, nella parte centrale del romanzo si fa un po' ripetitivo. Insomma, ami Margo, sei preoccupato, vuoi ritrovarla, abbiamo capito!
Per fortuna, dopo un paio di capitoli fermi a un punto morto, la storia riprende. E che storia. Quentin e i suoi amici si mettono in viaggio per andare da lei e l'allegra brigata, bloccata in un mini-van con poco cibo e con loro stessi come unica fonte d'intrattenimento, è davvero divertente. Tra soste al bagno, incidenti quasi mortali con mucche pigre e giochi di ruolo ho desiderato con tutta me stessa essere lì con loro.
E durante il viaggio, Quentin ha modo di mettere insieme i tasselli della vita di Margo e capisce che, in fondo in fondo, non la conosce davvero. Cosa capiterà, allora, quando riuscirà a trovarla?


"Non ero riuscito a pensare a lei come a una persona che poteva avere paura, che forse si sentiva sola in mezzo a tanta gente, che magari si vergognava di condividere la sua collezione di dischi perché era una cosa troppo personale.
Una persona che divorava guide di viaggio perché voleva fuggire da una città in cui molti si rifugiavano. Una persona che non aveva nessuno con cui parlare perché nessuno l'aveva mai vista come una persona.
E tutt'a un tratto capii come si sentiva Margo Roth Spiegelman quando non era Margo Roth Spiegelman: vuota."

(Tratto da "Città di carta")

Mi fermo qui, perché meritate di scoprire da soli che fine abbia fatto Margo e cosa succeda a tutti gli altri. Vi dico solo che sono stata abbastanza soddisfatta dal finale, anche se avrei preferito qualche dettaglio in più, magari un epilogo.
Nel corso della narrazione sono riuscita a farmi un'idea precisa sulla "donna-angelo" di Quentin e, lasciatevelo dire, non mi è affatto simpatica. Leggendo, ho avuto l'impressione che Margo sia una ragazza egoista e viziata, che non si cura delle persone che tengono a lei, ma solo di se stessa. Non si è fatta scrupolo ad abbandonare i genitori, la sorellina e gli amici senza uno straccio di biglietto o telefonata, non importa quali fossero i motivi che l'abbiano spinta a farlo. Quentin è troppo buono per lei, e per tutto il romanzo ho pensato "In qualunque modo finisca tra loro due, lei non merita il suo amore".

In generale, mi sento di consigliarvi questo romanzo, anche se, come vi ho detto, non è perfetto. Ma se riuscite a tener duro nella parte centrale e a sopportare l'ossessiva ricerca del protagonista della sua donzella perduta, vi assicuro che la lettura sarà molto piacevole
John Green ha l'abilità di trascinare i suoi lettori indietro nel tempo, facendo rivivere l'adolescenza e i forti sentimenti ad essa legati con una vividezza che lascia senza fiato. Ad ogni battibecco tra Quentin e i suoi amici mi è sembrato di tornare sui banchi di scuola, a quando la vita si riduceva a compiti, risate e pomeriggi a sognare a occhi aperti un amore impossibile.


Voto: 7
Promosso

Vi lascio con una notizia. A settembre 2015 uscirà il film di questo romanzo. Non vedo l'ora! Magari, dopo averlo visionato, farò un post per analizzare la trasposizione dalla carta alla pellicola. Ecco il link del trailer:



E voi? Avete già letto questo romanzo? Se sì, cosa ne pensate? Altrimenti, vorreste leggerlo? Fatemi sapere. A presto.




lunedì 13 aprile 2015

Recensione di "Lo straordinario mondo di Ava Lavender", di Leslye Walton

Care lettrici e cari lettori, dopo un paio di settimane di riflessione sono finalmente pronta a parlarvi di questo romanzo così speciale e fuori dal comune. "Lo straordinario mondo di Ava Lavender", nato sotto forma di racconto, è frutto della mente della bravissima Leslye Walton, che con questo suo romanzo d'esordio ha conquistato numerosi premi e il cuore di molti lettori. Compreso il mio.

Trama: Ava Lavender è nata con le ali, ma non può volare. Non può nemmeno vivere come le coetanee, perché sua madre la tiene chiusa in casa, al riparo da occhi indiscreti. Ma ha sedici anni e non si rassegna ad essere diversa. 
In cerca di un perché, scava allora nel passato della sua famiglia e scopre il destino infausto delle sue antenate: ognuna segnata da una peculiare stranezza, ognuna condannata a un amore infelice. 
E se fosse proprio l'amore la forza in grado di spezzare quell'antica maledizione? Un amore vero, capace di vedere oltre le apparenze. Per trovarlo, Ava dovrà affrontare il mondo fuori, gli sguardi di chi la crede un mostro o un angelo. Fino alla notte del solstizio d'estate, quando sarà lei a scrivere un nuovo, forse decisivo capitolo nella storia straordinaria della sua famiglia.


La mia recensione:


"Molti mi consideravano l’incarnazione di un mito, la personificazione di una magnifica leggenda, una favola. Alcuni mi giudicavano un mostro, una mutazione. Per mia grande sventura, una volta mi scambiarono per un angelo. Per mia madre ero tutto. Per mio padre, niente di niente. Per mia nonna ero la testimonianza vivente di amori perduti nel tempo. Ma io conoscevo la verità, l’avevo sempre saputa. Ero soltanto una ragazza. "
(Tratto da "Lo straordinario mondo di Ava Lavender") 

Inizia così questo piccolo capolavoro della letteratura contemporanea. Poche e semplici parole sono state più che sufficienti a farmi immergere nell'universo magico e straordinario di Ava Lavender.
Quest'ultima è la nostra narratrice, una sedicenne nata con le ali, vissuta sempre al sicuro tra le quattro mura di casa sua, che desidera capire quale sia l'origine della sua nascita straordinaria, raccontando la vita dei suoi familiari, i loro amori e le loro vicissitudini, fino ad arrivare al suo presente. I primi ad esserci presentati sono i bisnonni, Beauregard Roux e sua moglie, immigrati francesi che speravano di trovare fortuna e ricchezza a New York.

"Beauregard vendette il suo ambulatorio e acquistò sei biglietti di terza classe per il viaggio inaugurale dell'SS France, uno per ogni membro della famiglia, eccezion fatta per la capra, naturalmente. Insegnò ai figli a contare in inglese da uno a dieci e, sull'onda dell'entusiasmo, disse loro che le strade in America erano diverse da qualunque cosa avessero mai visto, non ricoperte di terra battuta come quelle di Trouville-sur-Mer, bensì pavimentate con ciottoli di bronzo.- Oro - lo corresse mia nonna Emilienne. Se l'America era davvero il posto fantastico che sosteneva il padre, di sicuro le strade erano lastricate con qualcosa di meglio del bronzo. 
(Tratto da "Lo straordinario mondo di Ava Lavender")

Il racconto intreccia insieme le vite dei suoi bisnonni a quelle della nonna Emilienne, una donna bellissima e dal carattere deciso, che una serie di dispiaceri e delusioni amorose porta a diventare una figura solitaria e scostante.
Ava narra la sua vita passo passo, giungendo alla nascita di sua madre, Viviane, una donna gioiosa e desiderosa di avventure, che perde i suoi colori e la sua passione per la vita a causa del mal d'amore.
La nostra narratrice arriva finalmente a parlare di sé, della sua nascita straordinaria, del suo fratello gemello, Henry, nato senza ali ma comunque unico nel suo genere, e dei molteplici personaggi le cui vite si sono intrecciate o si intrecceranno alla sua.



"Mi è stato detto che le cose vanno sempre come devono andare: mia nonna si innamorò tre volte prima del suo diciannovesimo compleanno. Mia madre trovò l’amore in un ragazzo del vicinato quando aveva sette anni. E io, io sono nata con le ali, uno scherzo della natura che non ha mai osato aspettarsi niente di grandioso come l’amore. È il nostro fato, il destino a decidere certe cose, giusto? Forse era soltanto una frase che dicevo a me stessa. Altrimenti, che cos’altro restava a un’aberrazione, un’intoccabile, una disadattata come me? Che cosa potevo dirmi quando ero sola di notte e arrivavano le ombre? Come potevo calmare il battito del mio cuore, se non con le parole: - Questo è il mio destino - ? Che cos’altro potevo fare, se non seguire ciecamente il cammino che era stato tracciato per me?"   

(Tratto da "Lo straordinaio mondo di Ava Lavender")

Le vite dei Lavender sono segnate dall'amore, di qualsiasi forma: quello familiare, quello tra amanti e quello tra amici; un amore che non sempre è puro e a lieto fine, ma a volte inganna e ipnotizza e scava nel petto una voragine che è impossibile da colmare. E' un amore che si presenta sotto mentite spoglie o che travolge come un fiume in piena, ma a volte è semplice lussuria travestita da amore, che può ferire e far male più di una spada.
Nel corso della narrazione le diverse sfaccettature di questo sentimento sono descritte con una tale crudezza e realismo da risultare dolorose. Spesso mi sono sentita sopraffatta dall'angoscia dei personaggi, pervasa dalla stessa amara e disillusa consapevolezza che l'amore come quello delle favole non esista.
Eppure, nello straordinario mondo di Ava, l'amore vero, quello che tutti anelano, esiste, anche se non è facile da trovare. Ed è un amore che salva la vita, un amore che dà un senso a tutto, che conforta e incoraggia, è un amore che mette al primo posto l'altro piuttosto che se stesso.

"[Mia madre] si preoccupava che io fossi un'adolescente come tante, dal cuore tenero e dalla personalità fragile. Si preoccupava che fossi più mito e immaginazione che carne e ossa. Si preoccupava dei miei livelli di calcio, dei miei livelli di proteine, persino dei miei livelli di lettura. Si preoccupava di non potermi proteggere dalle tante cose che l'avevano ferita: la perdita, la paura, il dolore e l'amore.
Soprattutto l'amore."


(Tratto da "Lo straordinario mondo di Ava Lavender")

Lo stile narrativo di Leslye Walton è diretto ed efficace, grazie all'uso di metafore vivide e coinvolgenti, che proiettano il lettore in un universo magico eppure realistico. 
Questo romanzo trabocca di sentimenti forti, che rischiano di sopraffare chi vi si immerge con la loro intensità. Ma sanno toccare l'anima e infondere un senso di speranza, nonostante tutto il dolore narrato. 

Mi fermo qui con la recensione perché non voglio rivelare nulla. So che in effetti ho detto pochissimo, ma fidatevi, è meglio così. I personaggi e gli eventi sono così intrecciati tra loro che anche solo rivelarvi qualcosa sarebbe uno spoiler clamoroso.
Vi lascio con il consiglio di leggere questo libro e rileggerlo e rileggerlo, e magari di regalarlo a qualcuno. "Lo straordinario mondo di Ava Lavender" è una favola per adulti, brutale nella sua intensità, ma allo stesso modo dolce e vera, adatta a maschi e femmine, adulti e adolescenti. Leggetelo e non ve ne pentirete.

Voto 9

Promosso


mercoledì 18 marzo 2015

Recensione de "La fabbrica delle meraviglie" di Sharon Cameron

Cari lettori, la recensione di oggi riguarda "La fabbrica delle meraviglie", primo volume di una trilogia, scritto dalla talentuosa Sharon Cameron, che nel 2009 ha ricevuto il Premio Sue Alexander come Scrittrice più promettente di New York dall'Associazione degli Scrittori di libri per ragazziPremio più che meritato, aggiungerei. 

Trama: In una notte di nebbia Katharine arriva in una misteriosa tenuta vittoriana con l'incarico di controllare che l'eccentrico zio Tully non stia dilapidando il patrimonio di famiglia. Convinta di incontrare un uomo sull'orlo della follia scopre invece che lo zio è un geniale inventore e sostenta una vivace comunità di persone straordinarie come lui, salvate dai bassifondi di Londra. Aiutato dal giovane e affascinante Lane, Tully realizza creazioni fantasmagoriche: pesci meccanici, bambole che suonano il pianoforte e orologi dai mille ingranaggi. Ma Katharine comprende ben presto che una trama di interessi oscuri minaccia il suo mondo pieno di meraviglie e, forse, il destino di tutta l'Inghilterra.

La mia recensione:

Una Londra vittoriana, una villa misteriosa e piena di segreti, una protagonista tormentata, divisa tra cosa è giusto e cosa è vantaggioso per lei, sono gli ingredienti ideali per un libro "come piace a me", che m'incateni alle sue pagine e mi ossessioni fino a quando non è finito.

"Fu come trovarsi nella direzione sbagliata, come se correndo fra gli orologi mi fossi in qualche modo spostata all'indietro anziché in avanti, in un posto che non mi voleva. [...] Vidi anche due occhi neri che scintillavano in un viso pallido che fluttuava sopra la mia spalla. Gridai, mi tappai la bocca con una mano e mi voltai, mentre un grido si rivoltava beffardo riecheggiando contro di me." 


(Tratto da "La fabbrica delle meraviglie")

Katharine Tulman vive a Londra con la zia Alice, una donna egoista e leziosa, che la tratta più come una sua sottoposta che come una nipote. Quando la manda a verificare le condizioni della tenuta di Stranwyne, futura eredità del suo unico figlio, Katharine non ha altra scelta che obbedire: in quanto orfana e donna nubile sa di non poter sopravvivere senza il sostegno economico della zia ed è pronta a mettere da parte le sue opinioni personali per accontentarla. Tutto ciò che dovrà fare, le dice zia Alice, sarà pernottare a Stranwyne per qualche giorno e confermarle lo squilibrio mentale dello zio Tulman, attuale padrone della tenuta, per rinchiuderlo in un manicomio e prendere finalmente possesso dell'intero patrimonio di famiglia.

-Katharine- aveva detto mia zia. -C'è del lavoro da fare, per il quale credo tu sia la persona più adatta. "Sì, zia" avevo pensato. "Sono sempre la persona più adatta per i tuoi lavori. C'è una cameriera da rimproverare, un'altra collana da dare in pegno? O mio cugino Robert ha fatto qualcosa di sconveniente nel capanno degli attrezzi da giardino?" Soffiai sull'inchiostro fresco del libro mastro e posai la penna.
- Temo che tuo zio Tulman abbia perso il suo equilibrio mentale.
Aspettai, chiedendomi se mi avrebbe ordinato di aggiustare i meccanismi di una mente umana. 
(Tratto da "La fabbrica delle meraviglie")
Ma le cose si rivelano più difficili del previsto. Katharine si ritrova a soggiornare in una villa immensa, piena di oggetti antichi e di stanze dall'aspetto spettrale. Il personale domestico è disorganizzato e stranamente ostile, ogni membro del villaggio sembra riluttante a farle incontrare "il signor Tully", come hanno soprannominato suo zio.
Ma da ragazza ostinata quale è, Katharine riesce presto ad incontrare lo zio e resta assolutamente sbalordita da ciò che trova; quello che le era stato dipinto come un pazzo è in realtà un uomo geniale, che vive in un mondo tutto suo, fatto di numeri e macchinari complessi e una vita scandita dai rintocchi degli orologi e pause per il té.

- Zio - lo interruppi - questo... l'hai fatto tu? - Lui tirava la stoffa della giacca, scuotendo la testa. - No, questo giocattolo no. Non tutti i pezzi. Io faccio solo i calcoli e i disegni. Poi Lane prende i disegni e mi riporta i pezzi e io li metto insieme finché non sono come dovrebbero. Ma questo giocattolo non è uscito dalla mia testa, no. E' venuto dalla testa di qualcun altro, anche se non mi hanno detto come.La piccola figura di mia nonna da bambina fece una pausa e ricominciò la canzone, mentre il volto di mio zio si illuminava.- Sto pensando di farti vedere con cosa sto giocando ora. Viene dalla mia testa, ogni singolo pezzettino. Lane? Lane! Facciamolo vedere alla mia nipotina.Fui aiutata a rialzarmi e ripartii a passo svelto in quello zoo, chiedendomi vagamente quanti dei giocattoli in mostra erano persone "andate via".
(Tratto da "La fabbrica delle meraviglie")

Lo zio Tully è in assoluto il mio personaggio preferito nel romanzo. Nonostante l'età avanzata, è come un bambino, sempre perso nel suo universo di giochi e di divertimento. Non ha la minima idea della genialità delle sue invenzioni, per lui sono soltanto uno svago e, nel caso delle bambole meccaniche, un modo per ricordare i propri cari scomparsi. Lo zio Tully ricorda con affetto la madre, Marianna, che lo amava esattamente per ciò che era, e nella nipote rivede alcune qualità, che gliela rendono gradita dal primo istante.
Katharine si lega presto a questo zio dall'animo e dalla mente infantili e comincia a sentirsi in colpa per il piano di sua zia; il solo pensiero di suo zio, così affezionato ai suoi giochi e alla sua routine, rinchiuso in un manicomio, le spezza il cuore.

- Immagino - disse Lane dopo un po' - che per lei debba essere... sbagliato mentire a sua zia.- Risposi con un'esclamazione incredula e lui allungò un braccio e mi strattonò per fermarmi, costringendomi a voltarmi. - Allora perché non vuole mentire? Perché? Lei capisce suo zio! Meglio di me che mi occupo di lui da quando ero bambino. Se non vuole farlo per noi, allora, per l'amor di Dio, lo faccia per lui! - La sua voce risuonò contro il legno, il vetro e gli stucchi dorati. Aspettai che l'eco morisse prima di parlare.- Mia zia scoprirà la verità e porterà via zio Tully, qualsiasi cosa io dica. E anche Stranwyne. E se scoprisse che le ho mentito... Quando scoprirà che le ho mentito... mi lascerà in mezzo alla strada senza pensarci due volte. - Divincolai il braccio. - Non posso tenere zio Tully fuori dal manicomio e non posso tenere gli abitanti dei Borghi fuori dall'ospizio dei poveri. l'unica persona che forse posso salvare è me stessa. - Mi spinsi in avanti e mi allontanai da lui. Non ero Giovanna D'Arco. La sua voce mi giunse molto vicina. [...]- Menti per lui - disse. - Per favore, Katharine.
(Tratto da "La fabbrica delle meraviglie")

Un altro personaggio che ha catturato la mia attenzione è Lane, l'assistente dello zio Tully, un diciottenne di origini francesi, taciturno e misterioso. E' un artista molto abile, sa ricreare alla perfezione i modelli disegnati dal suo padrone e si preoccupa sempre di farlo felice.
All'inizio, quando Katharine arriva alla villa con l'obiettivo di distruggere la vita dello zio e di tutti quelli che lavorano per lui, Lane la tratta con freddezza ed evidente antipatia, ma poi impara a conoscerla e capisce che l'affetto della ragazza verso lo zio è sincero. Tra i due scatta un'intesa che potrebbe diventare qualcosa di più.
Ammetto che Lane è un personaggio difficile da decifrare. "Cosa sta pensando?", mi sono chiesta spesso. Lo paragonerei un po' al Signor Darcy di "Orgoglio e pregiudizio", se mi si passa il parallelo, perché ho rivisto in lui la stessa diffidenza e la stessa riservatezza, che pian piano sono evaporate per far posto a un rapporto onesto e fiducioso con la ragazza che fino a poco prima era tanto detestata. 

A complicare il soggiorno di Katharine a Stranwyne non sono solo i sensi di colpa verso lo zio o il rapporto conflittuale con Lane e i domestici. Strane cose accadono nella tenuta: misteriose risate, oggetti scomparsi e ricomparsi come per magia e, soprattutto, preoccupanti episodi di sonnambulismo e di perdita di memoria che fanno temere a Katharine per la propria salute mentale. Che il gene della follia sia ereditario?

Raddrizzai la schiena, rabbrividendo nella camicia da notte fradicia, anche se non ero certa che il tremito dipendesse dal freddo. - Zio - dissi lentamente - puoi dirmi... perché mi trovo qui?
Zio Tully si accigliò. - Tu sei confusa, nipotina. A volte la gente si confonde. Dimentica, commette degli errori. Tu hai dimenticato le scale.
Mi circondai con le braccia, cercando di smettere di tremare. - Ho dimenticato le scale?
- Sì! - Gli occhi di mio zio erano due punti azzurri nel buio. - Volevi scendere e ti sei dimenticata le scale. E non volevi ricordare. E poi ti sei messa a dormire e non ti svegliavi. Ti sei confusa. [...] 
Solo in quel momento colsi appieno l'orribile verità: se zio Tully non fosse stato lì, ad ascoltare ciò che gli dicevano gli orologi, il mio corpo sarebbe stato un mucchio d'ossa rotte sul pavimento della cappella. E non sarebbe stata colpa di nessuno, se non mia.
 

(Tratto da "La fabbrica delle meraviglie")

Leggere questo romanzo è stata un'esperienza meravigliosa. La scrittrice ha uno stile chiaro, ma complesso, ricco di descrizioni dettagliate che ti trascinano lentamente nel vortice della narrazione. Sharon Cameron ha creato questo piccolo mondo nel mondo, colorato e folle, pieno di personaggi misteriosi e accattivanti, che non sai se amare oppure odiare. 
E' quasi come essere nel Paese delle Meraviglie, con un Cappellaio Matto per zio, una cameriera chiacchierona e sorridente come uno Stregatto e lunghi corridoi di porte che nascondono formule segrete e macchinari complessi. Come Alice, Katharine dovrà trovare se stessa in mezzo alla follia e imparare che non sempre ciò che appare normale lo è e viceversa.
Se cercate il mistero, la follia e un'atmosfera neogotica tipicamente vittoriana, questo è il romanzo che fa per voi. L'unica pecca, se proprio devo trovarne una, è che stiamo parlando di una trilogia, dunque il finale è aperto e vi toccherà aspettare il prossimo libro per saperne di più.

Voto 8 1/2

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